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16 giugno 2006

Ramadi come Falluja, altro martirio

di Maurizio Blondet

IRAQ - Sopra Ramadi è cominciato l’attacco aereo. I caccia bombardieri solcano il cielo. Decine di migliaia fra marines e «soldati» del nuovo esercito iracheno, ossia miliziani sciiti e squadroni della morte, convergono sulla città. Gli altoparlanti americani avvertono la popolazione (questa capitale della provincia di Anbar ha 50 mila abitanti più di Falluja) del «forte attacco imminente». Decine di migliaia di abitanti restano tuttavia nelle loro case, non sapendo dove andare e temendo le milizie sciite. Ma ormai da settimane, in realtà, Ramadi viene strangolata. Al modo in cui Israele soffoca i palestinesi di Gaza. «Ramadi è stata privata di acqua, luce, telefoni e altri servizi da circa due mesi», ha detto un visitatore della città al giornalista iracheno Dahr Jamal (1). «Gli americani e le forze governative hanno detto chiaro alla popolazione che non avranno nessun servizio ospedaliero se non consegnano i ‘terroristi’. Le operazioni militari vere e proprie sono cominciate da una settimana, ma i marines pare abbiano dei problemi a prendere una città che è molto più grande di Falluja. Le uccisioni di civili da parte di cecchini e di soldati sui cingolati USA sono un fatto quotidiano. Il punto che rende la situazione degli abitanti di Ramadi anche più difficile di quelli di Falluja nel 2004 è che non possono fuggire a Baghdad, per paura degli squadroni della morte del governo».

Il visitatore anonimo dice: «ogni nuovo governo comincia con un massacro», come l’altro governo provvisorio «democratico» assistette al massacro di Falluja, ora tocca a Ramadi. «E’ il prezzo che gli iracheni devono pagare, specie nelle zone sunnite». Dice ancora questa voce: «l’armata USA sta intimando alla popolazione di abbandonare la città. D’altra parte, il governo e gli americani hanno chiarito che le milizie partecipano all’attacco. L’ONU e il mondo tacciono come al solito, e tutti s’infischiano di quello che sta per accadere a Ramadi». Pochissime le notizie. Fra queste, alcune parlano di migliaia di residenti che hanno effettivamente lasciato la città, ma sono stati impediti di entrare a Baghdad. Sono accampati nei dintorni, senza tende, né cibo, né acqua (un crimine di guerra in sé, quando l’occupante non provvede agli occupati) e non sanno dove andare. «Sta per avvenire una catastrofe umanitaria», ha detto al parlamento iracheno Hassan Zaidan Lahaibi, membro del consiglio dei rappresentanti alla camera: «gente viene uccisa e ferita ogni giorno, gli altri vagano senza meta». Molte case della periferia sono state occupate dai temutissimi marines, che vi bivaccano con gli abitanti dentro, e ne usano i tetti come postazioni di cecchini. Gli abitanti devono convivere con la soldataglia - spesso drogata, alcolizzata, sotto stress - che non si fa scrupoli di sparare su donne e bambini. Ormai è una routine, i comandi USA compensano le famiglie degli uccisi con circa 2.500 dollari per ogni civile trucidato; fino ad oggi hanno speso 19 milioni di dollari.

Il silenzio-stampa attorno a Ramadi è calato più fitto e sinistro
di quello che preluse all’attacco di Falluja nel novembre 2004, segnale che anche lì si useranno armi proibite e di sterminio come le bombe al fosforo, e si compiranno atrocità. I giornalisti, anche «embedded» e americani, non sono ammessi. Di fatto, la sola fonte sono le poche voci che possono ancora comunicare dalla città assediata, e la propaganda USA. Anche questa molto laconica. Il portavoce dell’occupante, maggiore Todd Breasseale, ha solo annunciato, diversi giorni fa, lo spostamento di 1.500 soldati americani dal Kuwait a Ramadi, con queste parole: «lo spiegamento di questa forza consentirà ai capi tribali ed ai funzionari del governo di perseguire il difficilissimo compito di strappare la loro città agli elementi criminali». Lo stesso enunciato che Israele ripete a Fatah: disarmate i terroristi voi stessi, l’occupato deve collaborare con l’occupante. Ramadi assetata e affamata attende il proprio martirio di fuoco dal cielo, come Falluja. E come questa, sarà resa inabitabile: altra tattica israeliana, che gli americani hanno portato a brutale perfezione. E nonostante ogni brutalità, l’America non sta vincendo. Lo dice un’analisi del Guardian (2), che si spinge a temere una «nuova Dunquerque» per il corpo di spedizione britannico. Il rischio maggiore, dice il giornale, non viene dalla guerriglia, ma dalla «disintegrazione dell’armata» occupante «usurata dallo stress».I marines che hanno compiuto la strage di civili di Haditha, per esempio, non avrebbero dovuto essere più in Iraq da tempo: stavano compiendo il terzo turno sulla linea del fuoco, erano già a Falluja nel 2004 e là sono stati impegnati in combattimenti casa per casa, non ricevono rincalzi né avvicendamenti, né veri turni di riposo. La moglie di un sergente della Compagnia Kilo, la più segnalata per i massacri immotivati di civili, ha parlato a Newsweek di un «crollo totale della disciplina», specie dopo l’arrivo del nuovo comandante, colonnello Jeffrey Chessani: «droga, alcol, bullismo, tutto insieme. Sono convinta che quando hanno ammazzato quei civili ad Haditha, i ragazzi erano tutti sotto l’effetto di qualche eccitante». E i comandanti militari dicono in privato che Haditha è solo la punta dell’iceberg, e sussurrano che la guerra «è perduta». John Burns, inviato del New York Times, che non è un pacifista, ha detto in un talk show televisivo che l’esercito americano «ha perso sia l’iniziativa, sia il controllo». Quanto ai soldati britannici nell’area meridionale di Bassora, hanno cessato i pattugliamenti offensivi. Se ne stanno nei loro quartieri fortificati. Pare che sia diventato pericoloso, per loro, anche far alzare gli elicotteri di giorno.

La scarsità delle truppe occupanti
, che tre anni fa già era un problema, oggi rischia di diventare disastrosa. Le usurate truppe USA compensano sempre più la loro debolezza numerica e operativa con l’aumento del volume di fuoco, fino a rendere ogni cosa, edificio e persona a frammenti sanguinosi. L’effetto politico è di accrescere l’ostilità circostante. Con quali effetti finali? Lasciamo la parola al Guardian. I britannici sono ancora in grado di evacuare attraverso il porto di Bassora, anche «sotto il fuoco», perché lo controllano. Ma radunare le sparse e indisciplinate truppe americane e tirarle fuori di lì «rischia di diventare un calvario». La ritirata «sotto fuoco nemico» ma anche della guerriglia, è sempre difficile; specie per un’armata «con problemi di disciplina a livello di compagnia e di plotone». Un’evacuazione dal cielo significherebbe abbandonare miliardi di dollari di materiali; dal mare, sarebbe impossibile per l’assenza di porti adeguati. La sola via di ritirata sarà la strada per il Kuwait sulla quale 15 anni fa l’America vittoriosa distrusse le forze armate di Saddam, e che percorse quattro anni fa trionfalmente puntando su Baghdad… Se queste cose appaiono su un giornale inglese, è perché vengono raccolte dalle bocche di comandanti sul posto. Sono queste che parlano di «una nuova Dunquerque». E che spiegano le atrocità americane come il collasso di un esercito già disfatto. E Ramadi come il colpo di coda di un Quarto Reich in rotta morale.


Note
1) Dahr Jamail, «Ramadi, Falluja redux», Antiwar.com, 16 giugno 2006.
2) Nicholas von Hoffman, «Nightmare scenario», The Guardian, 13 giugno 2006

fonte: EFFEDIEFFE.com




Ramadi 15 marzo 2006: "Questo video dalla città di Ramadi (questa città è meno di 900.000 abitanti). L'esercito non è riuscito a controllarla negli ultimi 3 anni e questo video (alla fine di esso) vorrebbe mostrare perché uccidere il nemico è una cosa e uccidere un nemico ferito è ciò che alimenta la guerra in Iraq"

vedi inoltre:
La strage nascosta
Dahr Jamail's Iraq Dispatches

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