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23 giugno 2006

Alimenti transgenici, scienza e prevedibilità

La demoralizzazione della scienza.

di Julio Muñoz Rubio

Uno dei pilastri su cui si è edificata la scienza moderna, a partire dalla seconda metà del secolo XVI, base sulla quale cercò di mostrare la sua superiorità rispetto a tutti gli altri sistemi di conoscenza del mondo, fu la sua alta capacità di fare previsioni.
Tradizionalmente si è considerato che la scienza è l'attività che ha la capacità indiscussa per prevedere fatti nei diversi ambiti o livelli di studio. La base di questa tesi si trova, in buona misura, nelle concezioni riduzioniste ontologiche che hanno giocato un ruolo tanto importante nella filosofia moderna.
Secondo queste tesi, formulate tra gli altri da René Descartes (1596- 1650), tutti i corpi dell'universo sono composti di parti essenziali, la cui somma determina le proprietà del tutto; che queste parti sono omogenee, indipendenti tra sé; che gli effetti che producono sono sempre preceduti dalle cause e che a ogni effetto prodotto da una di esse corrisponde una causa, solo una, che è costante mentre si mantengono invariate le altre condizioni.
Questa tesi ha sempre avuto larga accettazione tra i circoli degli scienziati, filosofi, politici e nella società civile, ed è stata la meccanica classica l'esempio paradigmatico che ha corroborato la validità di quelle tesi, e con esse, dell'alta capacità predittiva della scienza. La meccanica classica ha a che fare con sistemi molto semplice, il cui comportamento può essere previsto con enorme precisione, come ad esempio il movimento di u pianeta attorno al Sole o quello di una palla di biliardo sul panno. Le variabili che intervengono in questi sistemi cono molto poche e possono essere gestite comodamente.
Ma con lo sviluppo delle scienze biologiche si è evidenziato che la scienza non può sempre avere la capacità previsionale che mostra con la meccanica classica. Nei sistemi vivi la quantità e qualità delle variabili è multipla e per questa ragione così sono le interazioni tra le parti che costituiscono questi sistemi.
Per complicare ancora di più la materia, la interazione costante di tutte ed ognuna di queste variabili con il mezzo esterno fa sì che la capacità di predire il comportamento di queste rimane ristretta ad aspetti semplici del suo funzionamento, ma nel momento in cui questi sono integrati al conglomerato di interazioni e relazioni tra le altre parti, di queste con il tutto e del tutto con le parti, tale capacità predittiva si riduce considerevolmente.
Tutto ciò può essere constatato quotidianamente negli studi di ecologia e dei processi di evoluzione, nei quali non è possibile avere una visione anticipata di ciò che accadrà con un sistema vivo, molto meno ancora quando si tratta di processi a lungo termine.
Nonostante vi sia di ciò dimostrazione quotidiana, i difensori della produzione di alimenti transgenici hanno insistito nel voler applicare ai sistemi vivi una metodologia corrispondente alla meccanica classica, comportandosi acriticamente di fronte alla denunce degli oppositori dello sviluppo di organismi geneticamente modificati.
Così, si pretende che se non si trovano effetti nocivi a breve termine per la salute e gli ecosistemi da parte degli organismi geneticamente modificati, o se non sono "statisticamente significativi", si conclude che si può continuare a produrli e commercializzarli. Si evita di considerare che i geni possono aver immagazzinato informazioni per generazioni e generazioni, e che poi arriva ad esprimersi attraverso combinazioni di geni impossibili da prevedere. Accade che non sempre esiste una relazione univoca di causa ed effetto tra un gene e la proteina che produce, ma uno stesso gene può produrre, in maniere non completamente comprese, molte caratteristiche, o parti di esse (fenomeno conosciuto come "pleiotropia"), o a volte solo certe caratteristiche possono esprimersi se esiste una combinazione specifica di geni.
Si sostiene, inoltre, che in ogni caso no esiste alcuna tecnologia completamente sicura e che, pertanto, la biotecnologia non può essere considerata particolarmente pericolosa.
Lo svincolarsi dell'attività scientifica rispetto all'etica deriva da una falsa nozione secondo cui lo scienziato è solo uno scopritore di fatti: spregiudicato, obiettivo, neutrale, che non ha niente a che vedere con le decisioni che i politici prendono sulle sue scoperte.Questa "amoralizzazione" della scienza sta raggiungendo, nel caso della produzione di organismi geneticamente modificati, livelli allarmanti che possono condurre a danni ambientali e della salute impossibili da conoscere nel medio e lungo periodo. E' urgente, in questo senso, un riorientamento etico dell'attività scientifica su scala mondiale, o le conseguenze possono essere disastrose.


fonte: Znet.it

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