L’altro genocidio
IRAQ - Circolano sul web foto orribili di bambini abortiti in Afghanistan e Iraq.
Corpicini senza occhi o con tumori al posto degli occhi, con gli organi interni sviluppatisi fuori dal corpo, senza arti, con enormi cancri fetali (1).
E' l'uranio impoverito dei proiettili americani, naturalmente.
«I bambini non nati della regione pagano il prezzo più alto, l'integrità del loro DNA», dice Ross Mirkarimi, di un'associazione chiamata Arms Control Research Center.
«Le particelle di uranio impoverito ingestite causano mille volte i danni da raggi X», dice Mary Olson, biologa ed esperta del trattamento di rifiuti nucleari al Nuclear Information and Resource Service di Washington.
Il Japan Times ha raccontato di una delegazione di tecnici giapponesi che hanno studiato nel 2003 gli effetti dell'uranio impoverito nell'Iraq meridionale.
Hanno visitato un ospedale locale che ricoverava fino a 600 bambini al giorno per avvelenamento da radiazioni; molti morivano rapidamente.
Nello stesso 2003 il dottor Jawad Al-Ali, primario del centro oncologico principale di Bassora, ha detto in un'intervista: «avvengono strani fenomeni che non ho mai visto prima. Il primo è il caso di pazienti con doppio e triplo cancro, per esempio con leucemia e cancro allo stomaco. Abbiamo avuto un paziente con due tumori, allo stomaco e a un rene; mesi dopo, ha sviluppato un cancro nell'altro rene: un cancro primario» [non una metastasi dei precedenti].
«Il secondo fenomeno è la comparsa di casi di cancro in intere famiglie. Abbiamo qui 58 famiglie in cui più di una persona ha il cancro. Il dottor Yasin, un nostro chirurgo, ha due zii, una sorella e un cugino colpiti da tumore. Il dottor Mazen, un altro nostro specialista, ha sei familiari che lottano col cancro. Mia moglie ha nove membri cancerosi nella sua famiglia».
Ha aggiunto il dottore: «i bambini sono specialmente suscettibili all'intossicazione da uranio impoverito. Hanno un tasso di assorbimento molto maggiore, perché il loro sangue sta costruendo le ossa, e perchè hanno molto più tessuto molle. I tumori ossei e la leucemia sono quelli che li colpiscono di più. Prima, solo di rado vedevamo un bambino leucemico
prima dei 12 anni di età».
Alla domanda se aveva riferito i dati epidemiologici al ministero della Sanità del nuovo governo iracheno, l'oncologo ha risposto: «quando sono andato a parlare con quella gente, mi hanno accusato di diffondere propaganda pro-Saddam anche prima della guerra. A volte ho paura anche di parlare. Mi hanno portato via i dati… I kuwaitiani mi hanno rifiutato
il visto per il Kuwait; dicono che siamo sostenitori di Saddam» (2).
Nuha Al-Radi, nota scrittrice irachena e autrice di un libro di successo («Baghdad Diaries», uscito nel 2004) scriveva: «sembra che tutti stiamo morendo di cancro. Ogni giorno si sente di un conoscente o di un amico, o di l'amico di un amico, che sta morendo. Quanti muoiono negli ospedali, senza che lo sappiamo? Sembra che più del trenta % degli iracheni abbia il cancro, e ci sono tanti bambini con la leucemia».
Nel settembre del 2004 la scrittrice è morta di leucemia.
Nuha Al-Radi scriveva quelle parole nel suo diario del 1993, dopo la prima «guerra del golfo», quando le forze americane avevano lanciato «solo» 300 tonnellate di proiettili DU (Depleted Uranium) per lo più in aree desertiche.
Nella seconda guerra del Golfo, si stima ne abbiano lanciato 1.700 tonnellate, e per lo più nelle città.
Le cifre sono puramente ipotetiche.
Scrive il dottor Ahmad Hardan, consulente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)oltre che del ministero della Sanità iracheno: «le forze americane ammettono di aver usato 300 tonnellate di armi DU nel 1991. La cifra vera è vicina alle 800. Ciò ha causato una crisi sanitaria che coinvolge almeno un terzo di milione di persone. E se non bastasse, gli americani nella recente invasione hanno usato altre 200 tonnellate di DU nella sola Baghdad. Quanto alle altre parti dell'Iraq, non conosco la situazione, ci vorranno anni per documentarla».
Il dottor Hardan ha chiesto aiuto ai colleghi giapponesi, necessariamente specialisti degli effetti delle radiazioni: «ero riuscito a far invitare una delegazione dell'ospedale di Hiroshima, per farci spiegare il tipo di malattie radiologiche che avremmo dovuto affrontare col tempo. La delegazione poi mi ha risposto che gli americani avevano fatto obiezione, e così non venivano. Un famoso cancerologo tedesco aveva accettato di venire, ma gli è stato negato il visto d'entrata in Iraq».
Dunque non solo i governanti americani sono ben coscienti dello sterminio che le loro bombe provocano tra i popoli «liberati» e tra i loro stessi soldati, ma deliberatamente sopprimono la verità sul loro crimine.
E' esemplare il caso del dottor Asaf Durakovic, americano.
Docente di radiologia alla Georgetown University, era colonnello dell'esercito USA nel 1997, quando fu ufficialmente incaricato dal Pentagono di studiare gli effetti della radioattività sui reduci della prima guerra del Golfo; e più tardi, di condurre ricerche sul terreno in Iraq.
Alla fine, gli è stato prima intimato di non rendere pubblici i dati delle sue indagini; poi è stato licenziato, infine la sua abitazione è stata saccheggiata, e lui dice di aver ricevuto minacce di morte. Oggi dirige un centro chiamato Uranium Medical Research Center, che vive di donazioni ed ha sede, prudentemente, in Canada.
«L'Amministrazione dei reduci [l'ente di previdenza militare USA] mi aveva chiesto di mentire sui rischi dell'incorporare nel corpo umano l'uranio impoverito», dice.
«Non vogliono ammettere il crimine di guerra che hanno commesso».
Che cosa ha scoperto Durakovic?
Anzitutto ha studiato i membri della 442ma compagnia di polizia militare, molti dei quali presentavano sintomi gravi dopo essere stati per due mesi nella cittadina irachena di Samawah, nel 2003.
Il corpo, formato per lo più da poliziotti di New York, vigili del fuoco e agenti di custodia, che aveva svolto operazioni di scorta a convogli, di gestione di prigioni e di addestramento dei poliziotti iracheni, presentava un altissimo livello di malattie.
«Risultati stupefacenti, se si pensa che questi erano poliziotti militari, non esposti ai combattimenti», dice Durakovic.
Nella prima guerra del Golfo hanno servito 580.400 soldati USA.
I feriti furono allora solo 467.
Ma nel 2000, ben 325 mila di questi reduci - partiti giovani e sani per la guerra dieci anni prima - soffrono di malattie invalidanti, e 11 mila sono morti: il 56% dei soldati partiti nel '91 hanno problemi medici gravi.
In un gruppo-campione di 250 reduci della prima Guerra del Golfo, il 67% hanno generato bambini con difetti genetici, o aborti malformati (3).
Nell'ottobre 2003, Durakovic è andato in Iraq per tre settimane: ha raccolto oltre cento campioni di terreno, di urine di civili, di tessuti da corpi di soldati iracheni in dieci città, fra cui Baghdad, Bassora e Najaf.
«I livelli di radioattività sono migliaia di volte superiori al normale», dice.
Nell'autunno del 2002, il gruppo di Durakovic aveva già fatto gli stessi rilievi in Afghanistan.
Il 30 % degli afghani intervistati aveva sintomi di malattie da radiazioni.
I vecchi dei villaggi gli hanno parlato di un 25% dei bambini inesplicabilmente malati.
«Il nostro gruppo è rimasto sgomento dalla vastità degli effetti coincidenti con i bombardamenti, Senza eccezione, in ogni sito che era stato assoggettato ai bombardamenti e da noi visitato, ci sono malati. Una parte significativa della popolazione presenta sintomi coerenti con la contaminazione interna da uranio»: una specie di maligna influenza, con sanguinamenti dal naso e muco insanguinato, dolori alle articolazioni e ai reni.
Molti dei giovani reduci americani non riescono più a camminare.
L'Atomic Energy Authority, ente ufficiale del governo britannico, valuta che l'uranio impoverito abbia causato nella prima guerra del Golfo «500 mila decessi in più» rispetto agli atti bellici.
E nella seconda guerra, «Iraqi Freedom», valuta che le morti aggiuntive potenziali possano toccare i 3 milioni: ossia l'11 % di tutta la popolazione irachena.
Gli effetti dell'uranio impoverito sono ben noti da anni alle autorità statunitensi.
Nel 1970, quando particelle di DU sfuggirono dalla fabbrica di proiettili «National Lead Industries» di Albany, N.Y., e furono trovate dal dottor Leonard Dietz, un fisico nucleare, nei filtri del suo laboratorio a 35 chilometri di distanza, la fabbrica fu chiusa d'urgenza, e furono avviate operazioni di decontaminazione costate 100 milioni di dollari.
Un vecchio studio della Rand Corp.
Sui minatori già aveva appurato che era l'estrema piccolezza delle particole di DU a produrre le devastazioni peggiori.
Il minerale di uranio inalato dai lavoratori nelle miniere è composto di particelle di dimensioni grosse, che vengono completamente escrete entro 24 ore.
Ma il DU, quando colpisce il bersaglio, si polverizza in particelle inferiori ai 10 micron, pari al particolato del fumo di sigaretta: viene perciò inalato con facilità.
E da quel momento rimane nell'organismo per decenni, sciogliendosi lentamente nel tessuto linfatico e disperdendosi nella circolazione sanguigna.
Il decadimento di questo finissimo materiale radioattivo (che ha un'emivita di 4,7 milioni di anni) produce nel corpo 26 emissioni radioattive al secondo, ossia 800 milioni l'anno.
Ciò causa «un milione di volte più danni genetici di quello che ci si aspetterebbe dalla radiazione in sé», ha scritto in un rapporto del 2001 Alexandra Miller, del Radiobology Research Institute di Bethesda, che è un ente delle forze armate americane
L'organismo, bombardato di particelle 800 milioni di volte l'anno per decenni, provoca tutta una serie di errori nella replicazione di proteine da parte del DNA.
A questo effetto, dice Diane Stearn, biochimica dell'Arizona University, si aggiunge il fatto che «l'uranio danneggia il DNA in quanto metallo pesante, indipendentemente dalla sua radioattività. E anche questo effetto tossico è di per sé mutageno» (4).
Alexandra Miller segnala che inoltre le micro-particelle di DU interferiscono con i mitocondri, che forniscono energia ai processi nervosi e trasmettono i segnali nervosi attraverso le sinapsi cerebrali.
Questo il motivo per cui i reduci della prima guerra del Golfo sono in calo delle capacità mentali, oltre che affetti da tumori cerebrali, e da inabilità motorie gravi.
Il giornalista John Hanchette è stato uno dei direttori che hanno fondato il quotidiano Usa Today. Da quando ha intervistato Leuren Moret, una delle specialiste internazionali sugli effetti del DU, sono cominciate le sue disgrazie.
«Ogni volta che mi preparavo a pubblicare l'articolo sugli effetti del DU sugli iracheni, ricevevo una telefonata dal Pentagono che mi chiedeva di non mandarlo in stampa. Alla fine sono stato destituito dalla direzione di USA Today».
Oggi insegna giornalismo alla St. Bonaventure University.
Qualcosa del genere è accaduto alla dottoressa Keith Baverstock, per 11 anni massima specialista sulle radiazioni all'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Non è mai riuscita a pubblicare il suo rapporto sul «rischio tumorale da inalazione di DU sui civili iracheni».
Sostiene che la sua relazione è stata «deliberatamente soppressa».
E la soppressione continua, con successo.
Il giudizio su questo delitto spaventoso lo lasciamo a Doug Rokke, che dopo la prima guerra del Golfo vinse un contratto americano per decontaminare aree irachene dal DU, e guidò in questa attività un centinaio di dipendenti.
«Quando andammo nel Golfo, eravamo tutti molto sani», dice.
Trenta dei suoi uomini, che operarono senza tute protettive, sono morti quasi subito.
Gli altri sono tutti malati.
Rokke stesso è ormai un invalido, con gravi danni neurologici, renali, alle vie aeree, e inoltre è stato colpito da cataratta.
Dice: «l'uranio impoverito è un crimine contro Dio e contro l'umanità».
Un crimine di massa che uccide e ucciderà milioni di iracheni e farà strage fra le popolazioni che vivono sottovento all'Iraq, dove la polvere sarà portata dai monsoni.
Il crimine di guerra di un Paese che, con la scusa di perseguire qualche terrorista in Afghanistan, e di portare la libertà agli iracheni, avvelena il seme stesso di quelle popolazioni, ne sradica il futuro dei suoi bambini.
L'atrocità di un regime che manda a morte certa, deliberatamente, i suoi stessi soldati, e intossica il mondo.
Un genocidio che, per la sua vastità, le sue modalità e la sua evitabilità, fa impallidire quelli commessi dalle dittature totalitarie del ventesimo secolo; e viene commesso sotto i nostri occhi dalla più grande democrazia del mondo, nel pieno della libertà di stampa, nel presunto culmine della civiltà occidentale.
«Un crimine contro Dio e contro l'umanità».
Qual è il vero e solo «terrorismo globale» contro cui dobbiamo lottare?
Maurizio Blondet
Note
1) Mohammed Daud Miraki, «Death Made in America», al sito Rense Com, 24 aprile 2006. Miraki è un medico afghano che ha messo sul sito foto da lui scattate: chi vuole vederle, sia avvertito che sono mostruose. Del resto, è possibile che queste immagini diventino «not found» o «forbidden» nelle prossime ore, com'è accaduto ad altre immagini simili. In ogni caso, forniamo qui l'indirizzo: http://www.rense.com/general70/deathmde.htm
2) Douglas Westerman, «Depleted uraniun - far worse the 9/11», information Clearing House, 1 maggio 2006.
3) Nella prima guerra del Golfo sono stati inviati in Iraq tremila soldati italiani, e vi sono rimasti per breve tempo. Ad ottobre 2004, 108 di questi giovani reduci sono morti, apparentemente a seguito dell'esposizione all'uranio impoverito (la causa è contestata dal competente ministero). Il numero rappresenta il 3,6% del totale. Se la stessa percentuale venisse applicata alla popolazione irachena, si dovrebbe ritenere che 936 mila iracheni sono già morti per l'uranio polverizzato. Ma siccome gli iracheni abitano nella loro terra contaminata in modo permanente, la percentuale e il numero dei morti è indubbiamente superiore.
4) Daniel Stearn ha pubblicato i risultati delle sue ricerche su due pubblicazioni scientifiche: «Molecular Carcinogenesis» e «Mutagenesis». Il dottor Durakovic coi suoi collaboratori (P- Horan e L. Dietz) è riuscito a pubblicare uno studio preliminare sul numero dell'agosto 2002 di «Military Medicine Medical Journal».
L'altro genocidio
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By Anonimo, at 01 giugno, 2006 22:56
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